venerdì 10 aprile 2009

ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE. Chi ha ucciso il Podestà di Salò?

L’Ateneo di Salò organizza un incontro pubblico nel quale saranno illustrate le vicende storiche della Riviera nel corso dei primi anni del ‘600: un periodo storico caratterizzato da grandi cambiamenti in campo sociale, politico, economico e religioso e che diedero origine a forti tensioni sociali, non di rado sfociate nel fenomeno del banditismo.

Sono gli anni durante i quali la banda degli Zanoni imperversa nell’alta Riviera, un fosco periodo testimone di efferati delitti, quali l’assassinio del Podestà Ganassoni perpetrato durante la santa Messa nel duomo di Salò da un gruppo di non meno di 12 sicari; anni durante i quali Salò assiste allo scatenarsi di una faida che vede coinvolte anche famiglie del ceto dirigente locale, spie e informatori del Consiglio dei X, sgherri e bravi al soldo della borghesia mercantile.

Il convegno passerà in rassegna gli strumenti di contrasto messi in atto dalle Magistrature venete nel tentativo di arginare tali fenomeni delittuosi, unitamente all’istituto della "Pace",un solenne atto di natura privatistica, ma con valenza giuridica, attraverso il quale le parti in conflitto definivano la composizione bonaria della contesa.

Ampio spazio sarà dedicato alla figura di Zanzanù (al secolo Giovanni Beatrici da Gargnano) che, nei suoi 12 anni di latitanza e di scorribande armate, attraversa e/o partecipa alla maggior parte delle vicende qui solo enunciate: ed è proprio dallo studio degli atti civili e giudiziari relativi alla banda degli Zanoni, di recente scovati e fatti emergere dagli archivi, che la storia della Provincia veneta Salodiana si arricchisce di nuovi elementi di indagine e di conoscenza.

Relatore principale del convegno sarà il prof. Claudio Povolo dell’Università Cà Foscari di Venezia, al quale si deve un inedito e approfondito studio della figura del bandito gardesano Zanzanù, desunto da inesplorate fonti archivistiche gardesane, bresciane e veneziane. Altri relatori: Giovanni Pelizzari e Giuseppe Piotti soci dell'Ateneo, oltre ad un gruppo di studenti dell’Università di Venezia. L’appuntamento è fissato sabato 18 aprile p.v., alle h. 14,30, presso i locali della Domus, attigui al Duomo di Salò.

Il ferimento di Francesco Setti


Il 24 marzo 1602 mentre stava sfilando inquadrato nelle "cernite" Zanzanù (allora semplicemente Giovanni Beatrice) e lo zio Giovanni Francesco si scagliano improvvisamente contro un altro soldato di Gargnano, Francesco Setti che rimane ferito con due pugnalate che risulteranno poi mortali. I due Zannoni si diedero poi alla fuga ma per questo episodio vennero banditi dal territorio della Repubblica. Con questo episodio inizia la lunga "carriera" del bandito Zanzanù che si concluderà tragicamente il 17 agosto di quattordici anni dopo sui monti della vicina Tignale. (Leggi le fonti d'archivio)

I disegni riprodotti in questo blog sono del prof. Alfredo Beretta.
Per consultare le fonti d'archivio si seleziona il pulsante "accedi come ospite".

La pace di Gargnano


L’atto di pace rogato il 30 agosto 1603 dal notaio Nicolò Morano avebbe dovuto sancire la pace definitiva tra le famiglie dei Setti e quella di Giovanni Maria Beatrice (padre di Zanzanù). La fine della faida tra le due famiglie avrebbe dovuto anche costituire la premessa per per un’eventuale richiesta di annullamento del bando che aveva colpito Zanzanù e lo zio Giovan Francesco. Il documento venne redatto all'interno del monastero di San Francesco di Gargnano (luogo che sarebbe stato successivamente oggetto di attacchi violenti da parte della fazione rivale di Zanzanù) e con l’intervento e mediazione di padre Tiziano, guardiano dello stesso monastero e definito comune amico delle parti. (Guarda l'originale del patto e la sua trascrizione integrale)

L'agguato alla catena di Riva


Nella notte tra il 13 e il 14 febbraio del 1609 Zanzanù e lo zio Zuan Francesco Beatrice detto Lima, insieme ad altri uomini della banda Zannoni caddero in un'imboscata tesa da alcuni cacciatori di taglie guidatti da un certo Alessandro Remer. Nell'imboscata tesa alla alla banda Zannoni alla catena del porto di Riva del Garda la banda fu letteralmente decimata e, tra gli altri, morì anche lo zio di Zanzanù, quel Giovan Francesco detto Lima che era allora il capo indiscusso della banda. Zanzanù si salva quasi miracolosamente gettandosi nelle acque gelide del lago. Da questo momento Zanzanù costituirà una sua propria banda. Questo episodio, con il rocambolesco salvataggio, contribuirà ad accrescere la fama di invincibilità di Zanzanù. (vedi le fonti d'archivio)

L'omicidio di Bernardino Ganassoni


Il 29 maggio 1610 il podestà Bernardino Ganassoni (inviato dalla città di Brescia ad amministrare la giustizia civile a Salò) venne ucciso da alcuni uomini armati mentre assiteva alla messa nel duomo del capoluogo della Magnifica Patria. Il Consiglio dei dieci, informato dal Provveditore in carica, assunse immediatamente il caso (inviando un avogadore ad istruire il processo) e pronunciò una sentenza contro coloro che erano stati accertati come colpevoli. Fra costoro emerse in primo luogo la figura di Zanzanù che per questi fatti subì una pesante condanna (bando perpetuo da tutto lo Stato, confisca dei beni e distruzione della casa di famiglia a Gargnano). L'analisi delle testimonianze documentarie, tuttavia, pone qualche dubbio sulle responsabilità attribuite a Zanzanù in questa vicenda. Proprio di questo si parlerà fra le altre cose al convegno del 18 aprile. Quale fu il vero ruolo giocato di Zanzanù nell'omicidio del podestà Ganassoni? (Le fonti d'archivio)

Il sequesto di Stefano Protasio


E' l'alba del 29 settembre 1611, Zanzanù, con "con altri suoi seguaci, al numero di dieci, armati di archibusi longhi et pistolle", entra in casa del possidente Stefano Protasio a Toscolano. Il Protasio viene sequestrato e tenuto nascosto in una grotta "ratissima" (vedi l'immagine a fianco) in attesa del pagamento del riscatto. (Le fonti d'archivio)

L'uccisione di Zanzanù


La scena raffigura il corpo esangue di Zanzanù disteso lungo il corso del torrente Fornaci nella valle Luné la sera del 17 agosto 1617. Accanto a Zanzanù (sulla destra) i corpi dei suoi compagni e sulla sinistra, il suo uccisore. La scena completa idealmente l'ex voto conservato presso il santuario della Madonna di Montecastello. L'ex voto, che racconta i fatti accaduti a Tignale in quella giornata, ha subito un danneggiamento proprio nella scena centrale del racconto che viene rappresentata quì a fianco. (Vedi il l'ex voto)